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Livree.

È un istinto naturale. Indossare livree. Da sempre, per sempre, di tutti. Umani, primati, mammiferi, animali, piante. Forse i batteri non lo fanno, ma chi può dirlo? Chi siamo noi per accorgerci (o meno) se un microorganismo sta o non sta agghindando il lato esterno di sé per attirarne un altro?

Da 3 miliardi di anni la vita si porta dietro la sua livrea nuziale. E da 4 milioni di anni lo facciamo anche noi: ci vestiamo, ci copriamo di monili, ci coloriamo il viso o il corpo, ci decoriamo con fiori e profumi. Irresistibile richiamo. Mostrare un lato esterno di sé diverso, col solo scopo di irretire qualcuno. Per poi infine ritornare come siamo. Senza livrea. Senza ghirlande. Nudi, crudi, come mamma ci ha fatto.

[muta]

In silenzio. Non voglio ascoltare ciò che il cervello vuole dirmi.

Imbavagliami, non ho bisogno di parlare, ogni lacrima è valsa mille parole, che ancora urlano nella mia testa.

Flash. Dammi silenzio. Flash. Dammi accettazione.

Il dolore indica la strada, contiene la soluzione, è un grande serpente che si chiude su se stesso. È l’origine, il proseguo è la fine. E poi di nuovo inizio.

Flash. Dammi forza. Flash. Dammi coraggio.

Quando il dolore è troppo grande, l’unica soluzione è scendere davanti a lui e guardarlo. Assaggiarlo. Lasciarsi divorare.

Ma non oggi. Oggi non sono forte abbastanza.

Flash. Dammi silenzio. Flash. Dammi annichilimento.

Thanks to C. PALAHNIUK

Ropes and pic. ZORAN VETTORE